Intervista con Davide Rocchesso

Alzi la mano chi di voi, leggendo su queste pagine il bel servizio di Nicola Torpei sull’edizione 2008 della conferenza Computer Human Interaction (CHI) non avrebbe voluto saperne di più su progetti come Gamelunch. Io ero certamente tra questi, e mi sono messa subito ad indagare.

Ho conosciuto così il lavoro di Davide Rocchesso, e naturalmente gli ho chiesto un’intervista, o meglio, una chiacchierata…dato che l’argomento è appassionante e io non mi sono certo fatta pregare per dire la mia. La pubblico oggi con vero piacere. Anche perchè ho scoperto che tante cose che si scrivono su questo blog, tante discussioni che partono e commenti che arrivano trovano riscontro anche al di fuori di queste pagine, e scusate se è poco!

Cominciamo con le presentazioni: Davide è Professore Associato presso il Dipartimento delle Arti e del Disegno Industriale dell’Università  IUAV di Venezia, dove insegna fondamenti di elaborazione di media e programmazione di artefatti interattivi – pane per i nostri e vostri denti. Collabora inoltre al programma di Interaction Design della Laurea Specialistica in Comunicazioni Visive e Multimediali della stessa Università . Svolge attività  di ricerca sui modelli per il suono nei sistemi interattivi ed è presidente della COST Action on Sonic Interaction Design.

Come vi dicevo sono arrivata a lui a partire da Gamelunch. Su questo progetto verteva quindi la mia prima domanda, che ha contribuito a chiarire alcune cose…

Davide Rocchesso

Davide, facendo qualche ricerca a partire dal progetto Gamelunch presentato al CHI di quest’anno ci siamo imbattuti in CLOSED – closing the loop of sound evaluation & design. Puoi descriverci questo progetto nelle sue linee generali e presentarci il gruppo di ricerca che lo sta sviluppando, di cui se non sbaglio sei il coordinatore?

Il gruppo di ricerca a cui ti riferisci e’ quello del Dipartimento di Informatica dell’Università  di Verona, di cui pero’ non sono più coordinatore dal novembre 2006, quando mi trasferii all’Università  IUAV di Venezia. Il gruppo di Verona, sotto la mia direzione, contribui’ all’avviamento del progetto CLOSED, che e’ coordinato da Patrick Susini all’IRCAM di Parigi e ha come partner l’Università  Tecnica di Berlino e l’Università  delle Arti di Zurigo. Oggi il gruppo di Verona e’ coordinato da Federico Fontana e si avvale ancora della mia collaborazione.
Il progetto CLOSED e’ il risultato dell’interazione tra alcuni informatici, designer, e psicologi sperimentali, tutti interessati al suono come elemento funzionale nell’interazione con gli oggetti.
La ricerca dell’equilibrio tra estetica e funzione e’ al centro del lavoro di ogni product designer. Viceversa, quest’ambito di attività  e dibattito e’ stato fino ad oggi ai margini dell’attenzione di chi si occupa di suono e di oggetti. Questo mi porta ad affermare che una disciplina del sound design, in larga misura, non esiste ancora.
Il progetto CLOSED e l’azione COST SID cercano di definire una disciplina per il design del suono funzionale degli oggetti. In particolare, CLOSED pone l’enfasi sulla valutazione e sulla misura delle qualità  estetiche e funzionali del suono degli oggetti.
I modelli di sintesi del suono, sviluppati dall’Università  di Verona, vengono valutati nel contesto di azioni esercitate su oggetti fisici quali sono, ad esempio, la chiusura di una connessione a vite o l’azionamento di una centrifuga manuale. Le valutazioni e le misure concorrono a modificare e raffinare la struttura e l’organizzazione dei modelli di suono, a dare ciclicità  al processo di design. Anche nel sound design, quindi, si viene ad introdurre un loop di processo, che itera le fasi di ideazione, produzione e verifica.

Hai accennato al fatto che il campo del sound design non costituisca ancora un ambito di studio solido e affermato. La scheda di presentazione di CLOSED lo definisce a promising and lively playground. Anche l’esperienza di sounDesign mostra chiaramente quanta confusione – molto spesso creativa e feconda, altre volte invece “al ribasso” – ci sia attorno al termine sound design. Tradizionalmente il sound design nasce con il cinema, con la pubblicità , insomma con caratteristiche di “funzionalità ” rispetto all’immagine. Uscito da questo ambito, fatica a trovare una sua stabile dimensione.

Qual è la ragione di questa “fatica” nell’affermarsi come disciplina dotata di una identità  forte? Quanto influisce la mancanza di formazione in questo ambito, e quanto invece è da imputare ad una scarsa affermazione “commerciale”, a differenza ad esempio di ciò che è successo nel campo del design?

Effettivamente, in ambito cinematografico il lavoro del sound designer si e’ affermato attraverso pratiche consolidate e trasmesse per insegnamento. In parallelo, e’ stato prodotto un corpus di riflessione analitica, critica e metodologica sul ruolo del suono nel cinema. Questo ci porta a dire che il sound design nel cinema ha raggiunto una certa maturità  disciplinare. Alla stessa conclusione si può arrivare se si guarda alla letteratura dei suoni di allarme, ampiamente studiati nell’ambito dell’ingegneria cognitiva e per i quali esiste un repertorio di linee guida.
In tutti gli altri campi di applicazione, specie nei prodotti di largo consumo, non si e’ ancora affermata una vera e propria disciplina del sound design. Molti degli autodefiniti sound designer faticano ad adottare approcci tipici dei processi di design, quale è ad esempio la valutazione inserita in un ciclo di progettazione. Anche il confronto continuo con gli attori interessati ad un certo prodotto (stakeholders) sembra lontano dalla pratica di molti sound designer.
Infine, c’è la presenza ingombrante della musica. Ci vorrebbero un Bruno Munari o un Josef Albers del suono, che con la loro pratica di lavoro e insegnamento ci spiegassero cosa e’ arte e cosa e’ design. L’elevato grado di formalizzazione della grammatica musicale, e l’esistenza di una retorica condivisa delle strutture musicali, rendono probabilmente più difficile la distinzione tra musica e suono funzionale. Ancora una volta, però, l’esperienza del cinema insegna che le due pratiche sono distinte e che richiedono professionalità  diverse.

Davide Rocchesso

In effetti, se l’evento del suono fissato, ormai sessant’anni fa, ha slegato in un certo senso il mondo sonoro dalla “Musica”, è pur vero che lo scopo dei primi sperimentatori era, ed è rimasto, comunque musicale. Trovare un linguaggio nuovo per esprime un intento artistico. Se Michel Chion ha fatto molto per dare il via ad una riflessione sul suono nei suoi aspetti funzionali, è vero che anche Chion proviene dal mondo della musica e dell’arte. Dall’altra parte, il suond design risulta spesso un ambito di difficile comprensione proprio per gli stakeholders dell’industria. Credi quindi che ci sia bisogno di sound designer più coraggiosi, o forse più preparati a relazionarsi con un ambito non artistico? E soprattutto: credi che lo sviluppo di un product sound design incontri una domanda, un interesse, da parte dei produttori, o al contrario che si possa rivelare una sorta di “hype” creato o “raccontato” dai sound designer stessi?
Quale può essere, a tuo parere, un esempio di buona progettazione sonora negli oggetti d’uso oggi sul mercato?

Non e’ forse l’offerta che crea la domanda? E’ vero che l’industria stenta a capire, ma si cominciano a vedere esempi riusciti di integrazione di efficaci suoni funzionali all’interno di prodotti di largo consumo. E’ naturale che i primi ad emergere siano gli oggetti elettronici, quali ad esempio il MightyMouse di Apple con i suoi suoni sintetici di scrolling, o il telecomando della console di videogiochi Nintendo Wii che emana direttamente suoni di feedback intorno alla mano del giocatore. I sensori, gli attuatori, e la logica di calcolo e di controllo sono ormai assai economici e pronti ad essere incorporati in oggetti di largo consumo. Quindi, alcuni produttori inseriscono un display acustico anche per il solo fatto di introdurre qualche novità  appetibile al consumatore, specie in categorie di prodotti che non hanno molto da offrire in termini di innovazione. Un esempio e’ la Moka Sound di Bialetti, che suona un jingle quando un sensore di temperatura rileva che il caffè è pronto. Questo esempio non può essere citato, a mio avviso, come un buon caso di product sound design, ma evidenzia la necessita’ di coinvolgere una figura di sound designer nel processo di sviluppo del prodotto.

Un’ultima domanda: cosa consiglieresti dunque ad un giovane che oggi in Italia si affaccia al mondo del sound design e in particolare del product sound design? Quali strumenti tecnici e concettuali ritieni sia indispensabile padroneggiare?

I fondamenti della sintesi del suono e della percezione uditiva e multisensoriale, nozioni di fisica elementare, elementi di programmazione. Degli strumenti software non voglio parlare perchè tutti possono essere utili ma nessuno e’ veramente indispensabile.

Bè…direi che può bastare, che ne dite?!?

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Sara Lenzi
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6 COMMENTS

  1. Bellisima intervista Sara, seguivo da tempo il progetto Closed e mi sarebbe piaciuto avere un parere interno, confidenziale….grazie. E poi Davide è uno dei più importanti ricercatori scientifici Italiani in materia di sound design, interessantissimo il suo parere sulla nuova professionalità  emergente.
    Voglio linkare il lavoro di Davide che ritengo più importante per l’avanzamento della ricerca sul product sound design, il progetto the Sounding Object, una bibbia sull’oggetto sonoro e le sue qualità  estetiche, percettive e semiotiche.
    Scaricabile gratuitamente qua: http://www.speech.kth.se/prod/publications/files/883.pdf

  2. Sono perfettamente d’accordo…nel senso che ho contattato Davide proprio per toccare con mano Closed, e per avere qualche “consiglio” da chi in Italia si occupa in prima persona di certe tematiche. E lui per fortuna non si è fatto pregare nel soddisfare la nostra curiosità ! Grazie a Davide quindi, e a te per l’interessantissimo e utilissimo link.
    Presto ci saranno altre interviste a professionisti di questo affascinante settore…

  3. Grazie Sara,
    visto che ti è piaciuto il link ne posto un altro, che mi è tornato alla mente, non so se ne avevate già  parlato,
    questo non l’ho letto ma l’ho sfogliato alla computer music summer school 2008 di genova, ed è interessante perchè è un lavoro collettivo dei maggiori ricercatori di sound design e music computing mondiali, tra cui un forte contributo di università  e enti di ricerca sonora.
    Un’altra bibbia, che questa volta racconta lo stato dell’arte nella ricerca sonora scientifica, intesa come processi di sintesi, suono e performance, interazione…ecc ecc…basta uno sguardo all’indice per cadere in un mare di suggerimenti.
    Naturalmente edito da Davide, si chiama Sound to Sense, Sense to Sound
    http://smcnetwork.org/node/884

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