Cominciò che era finita. La triste parabola dei concorsi musicali

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Nessuno ricorda come, quando e perché, vincere un concorso è diventato assolutamente necessario alla carriera di un giovane o meno giovane musicista.

Però, questo è quanto, da anni oramai chi vuole sfondare nel campo della musica deve vincere un concorso, meglio se prestigioso. Ce ne sono alcuni, nel mondo, garanzia di splendenti futuri. Li conoscerete: il Gaudeamus Prize per la composizione di musica contemporanea, Ars Electronica in numerose categorie relative alle arti elettroniche appunto, il premio di Bourges per la musica elettroacustica. E in Italia c’è Iceberg, a Bologna. Che quest’anno lega la sua finale – non sappiamo se per motivi legati alla crisi economica, o per una certa sovrapposizione di cariche negli organizzatori – allo storico Angelica Festival.

Voi sapete che raramente, dalle pagine di questo blog, sono arrivate parole di stroncatura, di polemica gratuita, di provocazione. Vogliamo essere costruttivi, discutere per migliorare. Ma oggi non sarà così, perché dopo aver dato un’occhiata ai finalisti di quest’anno, mi è salito il sangue alla testa, ragazzi. Ed ecco quindi qui, per voi che leggete, il mio sfogo, il mio mortuos plango per la cultura di questo paese, per le sue storiche sedi di sperimentazione, per le occasioni, insomma, di agganciare il futuro mentre ci passa davanti. Andiamo a incominciare…

Angelica era, un tempo, un festival rispettabile. Direi all’avanguardia. Momento dedicato alla sperimentazione, i suoi ospiti erano pezzi del calibro di John Zorn, Uri Cane, venne Stockhausen (che poi non se ne sarebbe più andato). Ho sentito le prime cosine con sensori & company nelle serate al Teatro San Leonardo…

E oggi mi trovo in finale dei cosiddetti progetti sperimentali quali il duo Dadduo: Serena Pecoraro alla voce e Giulia Barba al sax baritono. 400 e qualcosa visualizzazioni su MySpace (non che voglia dire qualcosa, ma proprio nessuno nessuno si era accorto di questi due talenti in circolazione prima dei commissari del premio Iceberg?). Duo fondato nell’autunno 2008: direi piuttosto che nell’autunno 2008 devono aver cominciato ad emettere i primi vagiti musicali. Un profluvio di nonsense acustico dall’intonazione piuttosto vaga, suoni buttati a casaccio, titoli improbabili (ma anche questo non importerebbe di per sé). Insomma, anche sforzandomi non capisco cosa aveva nella testa chi le ha scelte tra i (immagino) molti candidati. Cosa aveva nelle orecchie, cosa ascolta di solito.

O ancora tale Diego Cofone, clarinettista basso dalle velleità sperimentali (per tacere anche in questo caso di intonazione e tecnica dello strumento). Peccato che quel genere di sperimentazione abbia esordito 30 anni fa, abbia portato a risultati quali appunto quelli di Zorn e della sua Electric Masada. E che oggi sia un capitolo in via di estinzione.

In poche parole: si sono accorti i signori giurati – citiamoli pure uno per uno: Fabrizio Festa, Giordano Sangiorgi, Oderso Rubini, Massimo Simonini, Helmut Failoni.

Si sono accorti dico, che il resto del mondo è andato avanti? Che il tunnel in cui tanti generi musicali si erano infilati pian piano vede la luce, anche grazie all’uso delle tecnologie? Si sono accorti che c’è un Cornelius che riempie i suoi concerti di luci e immagini, che ci sono interfaccia tangibili ma anche cari vecchi controller midi (vedi alla voce Controllerism) trasformati in autentici strumenti per l’improvvisazione? Si sono accorti che c’è chi sperimenta con il Wiimote? Conosco una personcina di nome Amon Tobin che trasforma il suo sito internet in un videogioco? O sound designer italiani come Diego Stocco che lavorano sul suono come davvero questa gente non è nemmeno in grado di immaginare?

Su queste pagine si discute tanto sui risultati musicali e artistici di un certo uso della tecnologia. Ai problemi della formazioni in questo campo in Italia. Ma qui ragazzi, niente di tutto questo. Finalisti improvvisati, e giurati improvvisati pure loro. Non è un problema solo italiano, lo so ed è giusto dirlo. A quanto mi vien riferito, il famoso concorso di Bourges non naviga in acque tanto migliori. Ma qui si raschia il fondo del barile, è ora di dirlo, forte e chiaro.

Vedere lo slancio e la volontà di sperimentare che hanno contraddistinto e contraddistinguono tanti in Italia, tanti di noi, colare a picco in questa maniera, basta. La mediocrità, la superficialità, il qualunquismo, l’incapacità e la pressapochezza elevate ad arte, no. Non si può più tollerare.

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Sara Lenzi
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20 COMMENTS

  1. Bel post … condivisibile direi.
    Questa situazione poi genera un vortice che scava ben oltre il fondo del barile, nel senso che compositori e sperimentatori si guarderanno bene dal perdere tempo ed energie per partecipare a questi concorsi, visti i metri di giudizio delle commissioni. Cioè è comprensibile che una sorta di scoraggiamento, purtroppo non-costruttivo, prenda il sopravvento soprattutto su talenti che cercano di inserirsi in qualche circuito da parecchio tempo.
    Certo, bisogna continuare a darsi da fare, e molto, ma appunto non è facile trovare i giusti canali, il talento artistico non basta, devi essere anche abile promoter di te stesso, o affidarti a chi lo può fare per te, o come al solito farti promuovere da qualche conoscente politicamente influente.
    Poi consideriamo che la sperimentazione, al di là di un discorso qualitativo, con fatica trova spazio e audience su network tipo myspace, che potenzialmente trovo un buon canale da sfruttare, perchè no, ma conosco artisti che dopo qualche anno di presenza possiedono solamente qualche centinaio di visualizzazioni.
    Forse perchè dei bluff? Può darsi.
    O perchè la sperimentazione è un settore di nicchia? Molto più probabile, secondo me; cominciamo a discutere di come si introduce il discorso musicale ai bambini nelle scuole primarie e secondarie, in certi conservatori, dove spesso ti accorgi che ne sai più tu di certi docenti boriosi.
    Non solo, tempo fa con alcuni amici si è aperto un network sulla musica sperimentale italiana e rivolto ad artisti anche stranieri ma musicalmente attivi e operanti nel nostro paese. Bene, ma quanta fatica per coinvolgere sempre più nuovi utenti, evidentemente la demotivazione esiste e inevitabilmente prima o poi sopraggiunge.
    Credo che in Italia esistano tante valide realtà sulla sperimentazione musicale, netlabel, network, gruppi, associazioni, blog e quant’altro, ma forse talmente tanti da non permettere lo sviluppo e la promozione di una unità di intenti. Manca un organismo di collegamento e condivisione globale tra tutte queste realtà.
    Non si può ancora dire: “Bene, questo è il manifesto della sperimentazione italiana”.

  2. E’ la prima volta che visito il vostro sito, ho letto questo articolo e sono contento che cè gente che dice le cose in maniera schietta e chiara
    Ottimo sito, già messo tra i preferiti!

  3. Ragazzi, sono contenta che l’intento del post sia stato compreso, e che magari ne nasca una chiacchierata costruttiva. Sì, è molto faticoso portare avanti certe istanze di nicchia, appunto, dando loro una possibilità di crescita e di futuro. Credo fermamente che quando si fa ricerca e sperimentazione non lo si faccia con una finalità immediata, e che le conseguenze siano spesso imprevedibili. Certo è però che conseguenze ci sono, e che è quindi necessario, ad un certo punto, incanalarle e renderle “produttive” perché le energie non vadano disperse….e questa è la parte più difficile. Per non sentirsi chiedere, un bel giorno, ma “a cosa serve”? o peggio…”a cosa è servito”?

    Marco, come si chiama questo network sulla musica sperimentale italiana?

  4. Caro Marco, mi sa proprio di sì…nel senso che il nome non mi è affatto nuovo, ma abbiamo avuto problemi abbastanza noiosi con posta elettronica e blog tempo fa quindi qualcosa deve esserci sfuggito. Grazie, mi dedicherò all’esplorazione.

  5. Condivido il senso complessivo del post di Soundesign, le loro perplessità sui concorsi anche blasonati (che ho toccato spesso con mano di recente). Certo lascerei un qualche margine di sospensione di giudizio rimandando il verdetto finale alla performance live dei selezionati. Capita infatti spesso che ci siano artisti che si esprimano molto meglio dal vivo che non su supporto.
    Certo la questione generale rimane: un interesse diffuso per l’intrattenimento musicale e una scarsa considerazione dei programmatori per chi fa ricerca seria e profonda sul linguaggio anche attraverso un pensiero musicale scomodo e riflessivo.

  6. Ciao Francesco, confermiamo l’eccesso di zelo del filtro antispam…;) hai fatto benissimo a segnalarci la vostra iniziativa! Avremo modo di riparlarne sicuramente.

  7. Cara Sara,

    ti scrive quel “tale Diego Cofone, clarinettista basso dalle velleità sperimentali (per tacere anche in questo caso di intonazione e tecnica dello strumento)” tanto per citare il tuo post.

    E nonostante ne abbia apprezzato la schiettezza e in parte potrei anche condividerne i contenuti (dato che da diversi anni insisto con ostinata autosufficienza a perseverare nella mia ricerca sul suono nonostante sia circondato, come del resto tanti di voi, da un desolante panorama nazionale dove “la mediocrità, la superficialità, il qualunquismo, l’incapacità e la pressapochezza sono elevate ad arte”),
    altresì ci sono alcuni punti che mi han suscitato non poche perplessità.

    Premetto che non sono il tipo di persona che non digerisce le critiche altrui, anzi, sempre in questo scenario tristemente distratto ce ne fossero di fruitori sanamente critici e liberi dall’applauso facile e belante. Benvengano dunque anche le stroncature che in qualche misura possano contribuire alla crescita personale e artistica del soggetto a cui sono indirizzate.

    Ma lasciami dire, cara Sara, che ho trovato il tuo sparare a zero sul concorso Iceberg e annessi giurati e finalisti un pò sommario e superficiale. In primis perchè tra i concorrenti hai citato a giudizio solo il sottoscritto e il Daddudo. Ok, neanche a me fanno impazzire, però mi sembra un pò eccessivo e di cattivo gusto il tono saccente e prevenuto con cui elargivi ironico spregi alle proposte del duo ancora prima di sentirle dal vivo, come cautamente suggeriva Francesco Giomi fra i commenti).

    Di finalisti ce ne erano invece anche altri 4 tra singoli e gruppi, tra cui Lorenzo Senni e Filippo Giuffrè, che stimo molto per l’umilta e il coraggio delle loro interessanti ricerche sonore.

    Per quanto riguarda le critiche a me mosse, a dire il vero speravo in qualcosa di più sostanzioso. Ma sono così povere di contenuti e davvero così poco articolate che mi han dato un senso di eccessiva frettolosità nello stigmatizzare la mia persona come un semplice clarinettista basso velleitario sperimentatore. Auspico tu abbia avuto altro di meglio da fare piuttosto che perder tempo a spulciare a fondo il materiale audio-video sul mio myspace. Perchè altrimenti avresti scoperto che non suono solo il clarinetto basso e che pure non pretendo affatto di essere Zorniano o affine (anche se ti ringrazio per l’associazione!).

    Piuttosto il mio approccio alle ance e al piano vorrebbe essere più affine alle avanguardie afroamericane degli anni ’60 (Albert Ayler, Archie Shepp, Cecil Taylor, l’ultimo Coltrane…) o alle correnti di improvvisazione radicale eruopea degli anni ’70 (Evan Parker, Peter Brotzman, Misha Mengelberg..) E mi diletto pure con vari altri strumenti di autoinvenzione, così pure con varie macchine (synth, sampler, loop machine, dsp, controller e software vari). E canto, o se preferisci emetto vagiti di varia natura, più o meno discordi, ma sinceramente svincolati da pretestuosità di belcanto con annesse strizzatine d’occhi ai gridolini di questo o quel cantante del momento. Insomma sono felice di esprimermi senza alcuna riserva, assumendomi appieno il rischio di fluire in libere improvvisazioni attraverso la voce o qualsiasi altro mio strumento o giocattolo, tra cui il clarinetto basso, senza velleità alcuna, nè sul versante della sperimentazione, ne per perseguire un obiettivo di perfezione formale o di qualsivoglia traguardo tecnico virtuosistico. Sono perlopiù autodidatta ma non per questo ho complessi di inferiorità o disdegno il mondo accademico e chi da lì proviene. Tant’è che spesso mi è capitato di performare con musicisti di estrazione classica, sia in progetti acustici che di contaminazioni con elettronica.

    Mi piacerebbe sapere poi da te perché tanto astio nei confronti dei giurati Iceberg. Forse perché per caso hai partecipato alle selezioni e non ti han presa in finale? O ce l’hai con loro solo perché ti fa cagare la musica del sottoscritto e del Dadduo? Perdona la provocazione ma temo davvero che i Cornelius o Amon Tobin o ancora Stocco avevano altro da fare che perder tempo dietro a un concorso come questo. In fondo sono già arrivati a traguardi ben più gratificanti. E se forse non c’era nessuno tra i partecipanti che emulasse la loro ricerca musicale, o che smanettasse con controller midi o Wii o fighetto-iPhonici, può bastare tutto questo per sentenziare che gli altri partecipanti eran tutti delle mezze cartucce così come i preistorici e rincoglioniti giurati che li han scelti?. E poi sei sicura che nessuno dei partecipanti proponesse qualcosa di meno arcaico e fricchettone di una chitarra e uno spinello?

    Per tornare agli altri che non hai minimamente citato, Senni ha presentato una performance elettronica con sintesi processate in tempo reale attraverso Max/MSP, non sono esperto entusiasta dell’applicazione ma ti posso garantire che ho dato un’occhiata al suo lavoro e soprattutto ho prestato orecchie alla complessità delle sue masse sonore e le ho trovate davvero notevoli. Giuffrè ha intrapreso invece un solo elettroacustico originale e affascinante soprattutto per quanto riguarda la ricerca timbrica della chitarra elettrica preparata e dei suoi numerossissimi esperimenti di circuit bending. Non credo che i giurati siano quindi come li hai dipinti te, almeno non tutti, almeno non Massimo Simonini (direttore artistico di Angelica, si proprio quello che ha invitato a Bologna Stockhausen, Zorn, Coleman e tanti altri grandi delle avanguardie musicali contemporanee) che ho avuto il piacere di conoscere e di avere come produttore esecutivo per il mio primo CD.

    Con questo non voglio tirarmela, ma grazie a lui e al premio, dopo 6 anni di ricerca sono finalmente riuscito a trovar il modo di poter pubblicare un disco vero senza indebitarmi (purtroppo non ho un ‘papi’ che mi finanzia), mettendoci solo il master completamente autoprodotto, così finalmente posso autopromuovermi senza dover più fare la figura del pezzente con cd-r e cartoncino sbiadito al seguito.
    Un CD che fa parte della collana dei dischi di Angelica ( http://www.aaa-angelica.com/aaa/dischi ), a fianco di nomi, che a scorrerne la storia e l’importanza che han ricoperto nella ricerca musicale globale, mi vien quasi da sprofondare. Eppure a testa alta, sono un semplice impiegato che lavora tutto il giorno a tempo pieno per pagare affitto pane e bollette, mentre la notte suono in cuffia e nel weekend smanetto a tutto volume, per sentirmi vivo, e in questa vita a volte stressante ma talvolta punteggiata da piccole ma importanti soddisfazioni, allora non mollo, persevero, insisto, ci provo, mi piace, respiro.

    In ultima istanza, ti esorto, stroncami pure, ne sarei davvero felice, però ascoltale prima le mie flautolenze, poi motiva un poco più in profondità la scelta del tuo verdetto. Magari potresti davvero aiutarmi a svoltare, o anche no. Di certo però mi staresti molto più simpatica.
    Un caro saluto e complimenti per il sito, e anche per la tua ricerca musicale per quel poco che ho sentito sul tuo myspace, anche se spero prima o poi di sentirti dal vivo.

    Diego

  8. Vorrei rispondere a Diego cercando però di evitare quel tunnel senza fondo di polemiche sorde alle rispettive posizioni. E’ purtroppo già successo su queste pagine, andando ben al di là della volontà degli autori, e vedrò di non causare lo stesso errore, anche se discutere di certi temi è sempre difficile e facile al fraintendimento.
    Quindi scusami ma non approfondirò la critica nei tuoi confronti o nei confronti degli altri finalisti, perché non è mai stato il mio intento l’esclusiva stroncatura il vostro lavoro. Non faccio la critica musicale, e faccio l’insegnante soltanto con i miei studenti.
    Per dovere di cronaca farò una breve premessa, per poi arrivare a ribadire il punto principale del post.
    E quindi: non ho mai partecipato ad Iceberg, quindi non ho nulla di personale contro nessuno dei giurati in questione né contro il concorso stesso; ero presente alla serata finale, e lasciami dire che la performance di Dadduo, con il computer che non parte, ha rafforzato la mia convinzione, espressa sì in maniera ironica e pur anco sarcastica ma comunque tesa a sottolineare quanto la preparazione tecnica non dovrebbe essere soltanto accessoria in certi contesti (vedi alla voce Cecil Taylor e tutti gli artisti che citi tu stesso come tuoi ispiratori, non certo privi di competenze tecniche in campo musicale e verso rispettivi strumenti). Sul fatto poi che non si possa giudicare sulla base di ciò che si sente su Myspace ma si debba ascoltare dal vivo un artista, è pur sempre una opinione ma non è la mia. Internet consente di esprimersi e farsi conoscere e di questo ci assumiamo le responsabilità. Ultima cosa. Le persone che ho citato (Amon Tobin eccetera) non erano affatto invitate a partecipare al concorso: non volevo fare polemiche stile “il premio Nobel mai dato a Borges”. Si trattava di esempi di musicisti che hanno saputo – che sanno – indirizzare le energie nate dalla sperimentazione verso territori interessanti, e in grado di comunicare con l’esterno, traendo il meglio dall’unione di competenza tecnica e consapevolezza musicale.
    Dopodiché, scusami ma che i giuristi siano “rincoglioniti” e la vostra musica mi “faccia cagare” sono conseguenza che trai tu e non parole mie.

    Ora, il punto è questo. Su queste pagine si discute in maniera accesa di alcuni temi: la cosiddetta “crisi” di un certo tipo di esperienza musicale – la musica contemporanea, la musica sperimentale, la musica cosiddetta di ricerca; l’effettiva validità di nuovi strumenti di progettazione sonora software e hardware e le strade per migliorare il rapporto tra sperimentazione tecnologica e idea musicale; la progettazione sonora in campi non strettamente musicali. Alcuni di questi temi, soprattutto il primo, sono molto sentiti e danno luogo a dibattiti spesso molto focosi. Che in un concorso vengano considerati elementi innovativi e meritevoli quelli stessi che dagli anni ’60 e ’70 ci perseguitano (improvvisazione radicale o il suo contrario serialismo pseudointegrale, il processo che domina il contenuto, l’alea, l’utilizzo di ritmi ineseguibili e inascoltabili, nel tentativo di sembrare complicati e quindi bravi…eccetera) è secondo me un segno di arretratezza culturale, di retaggio ideologico, lo stesso retaggio che ha fatto sì che per anni nella musica contemporanea fosse additato e a volte “scomunicato” chi faceva mostra di un po’ di “melodismo”, chi non utilizzava espedienti strumentali diventati poi dei veri e propri cliché, noiosi per gli strumentisti e vuoti di significato per il pubblico.
    E qui mi fermo, perché voglio passare la parola a tre pensatori che a mio parere la sapevano lunga, e che esprimono tutto quello che c’è da dire a proposito del punto in cui ci troviamo adesso, senza sapere dove andare a sbattere tra nuovi strumenti ancora non funzionali al pensiero musicale, e vecchi pensieri non più funzionali all’ascolto e al contenuto. Con la musica ridotta a mero fatto privato paracadutato in un contesto pubblico.

    “I vari sviluppi della musica contemporanea posso essere intesi come l’esplorazione di un particolare percorso nel quale la coerenza musicale può essere mantenuta anche affrontando un certo grado di “libera” combinazione e progettazione del materiale sonoro. Come risultato della libertà possibile in questa musica, si corre però il rischio di risultare “senza senso”, se la struttura e il significato non possono essere percepiti”
    Barry Truax, Acoustic Communication, 2nd Edition, 2001 (prima edizione 1984)

    “E quando aggiungiamo che la rivoluzione va fatta con le idee musicali, e che bisogna rendersi disponibili ad alcuni anni di rieducazione all’ascolto che si può fare senza complicati apparecchi e che nessun apparecchio farà al posto nostro, incontriamo delusione anche tra i proseliti. […] Tra i musicisti che restano anzitutto compositori e i ricercatori che sono anzitutto tecnici, praticamente non ci sono candidati per una ricerca musicale fondamentale”
    Pierre Schaeffer, da Introduzione al Traité des Objects Musicaux, 1977

    In breve, noi sosteniamo e promuoviamo la competenza tecnica nell’ambito specifico del suono organizzato, non foss’altro che per non reiterare all’infinito esperienze musicali del passato, che hanno esaurito il loro percorso. Riteniamo che certi retaggi siano deleteri perché rendono ancor più difficile l’emergere di nuove competenze e nuove possibilità, e siano invece foraggio per lo scetticismo e il disincanto che già ci attanagliano. Da qui la mia polemica con il concorso Iceberg. E’ un esempio di ciò che inibisce l’emergere del “saper fare” nell’ambito della ricerca musicale.

  9. Grazie Sara per aver disambiguato il tuo punto di vista sulla vicenda. Mi spiace se la prolissa passionalità della precedente mia, in alcuni punti sia scaduta in sterile provocazione. Ma almeno non è stata vana e son felice che abbia sortito i suoi benefici effetti.

    Colgo inoltre per ringraziarti degli ottimi spunti di riflessione. Certo è che sostengo l’idea che in musica esista una più complessa gerarchia in termini di gravosità di generi e metodi responsabili dell’inibizione del nuovo e che quindi, rispetto a quelli che tu puntualmente enunci, esistana ben altri retaggi ancor più deleteri all’emergenza di nuove possibilità espressive e maturamente consapevoli.

    Cio nonostante, scrutando nel personale, posso riconoscere i limiti e le lacune dei processi che più mi appartengono. Mediterò dunque, cercando il più possibile di lasciare in disparte preconcetti e stolti dissapori circa il dibattito da te sollevato, cogliendone solo l’aspetto costruttivo, preziosa occasione di crescita.

  10. Mi fa assai piacere constatare come ci siano ancora in giro giovani straordiariamente consapevoli e con le idee chiare sullo sviluppo del pensiero musicale. Intendo Sara Lenzi ovviamente, non si poteva esprimere meglio certi concetti.
    Come suggerisce un caro amico, c’è in giro (specie a Bologna) un certo “anticonformismo intellettuale” che non permette ad operatori e musicisti di analizzare con chiarezza i fatti musicali di oggi, anche dopo averli ascoltati. E quella dell’ascolto rimane comunque una questione centrale. Certo, il mezzo di ascolto (live, web, i-pod) cambia radicalmente la ricezione e il giudizio: personalmente sono ancora fortemente legato all’aspetto di godimento “live” ma si sa, non sono più un giovincello.
    A questo punto sono diventato ansioso di ascoltare il lavoro di Cofone, se avrà la bontà di inviarmi questo famoso CD gliene sarei grato…

    E’ bello a questo punto citare il pensiero inequivocabile di Luciano Berio, significativamente inserito in un’intervista dal titolo “La tecnica è un mezzo, la musica una ragione”:

    “Un compositore non può essere ignaro delle tecniche che vuole usare perché una visione e un progetto musicali devono potersi sviluppare e muovere in un ambito tecnologico organicamente omogeneo a quella visione e a quel progetto. Le ragioni che conducono un compositore in una direzione di ricerca piuttosto che un’altra devono essere sempre ragioni musicali. Il campo di ricerca è immenso, anche quando l’oggetto della ricerca è uno “strumento” particolare ed è opportuno che il compositore possa lavorare con tecnici altamente specializzati nell’applicazione dell’informatica alla musica. L’informatica, come tutti sanno, è un mezzo, non è un fine ed è importante che il compositore non se ne renda schiavo; è cioè importante che la sua visione e il suo progetto siano musicalmente forti e concettualmente sensati”

    Andrea Scazzola, “La tecnica è un mezzo, la musica una ragione”, Intervista con Luciano Berio di Andrea Scazzola, «Telèma» n. 6 1996, p. 67.

  11. la rivoluzione serialista/aleatoria non puo essere riproposta…..allora il nuovo inteso come superamento del vecchio e non come distruzione nichilista del vecchio,affermazione di un modo nuovo di fare/creare musica……quale puo essere,oggi….citando adorno si potrebbe dire…….ogni vera utopia artistica e‘ inconsapevole del suo operareil nuovo mentre lo sta‘ facendo………guardiamoci intorno e scropriamo cosa puo‘ essere…….a meno che come di nuovo adorno scriveva….la musica occidentale non abbia raggiunto il suo limite oltre cui non e‘ possibile andare…..adorno faceva come esempio di questa inconsapevolezza di creare il nuovo in pittura il cubismo……e l‘astrattismo dell‘epoca…….
    ferdinando

  12. purtroppo oggi in buona parte domina un empirismo tecnologico………mentre in campo accademico serio/colto si continua con canoni gloriosi,e rivoluzionari,ma che in parte hanno perso la propulsione originaria rivoluzionaria……ma che riformulati possono esprimere ancora le loro potenzialita‘ con l‘aggiunta delle nuove tecnologie computerizzate……un esempio sono i software compositivi del compositore austriaco karlheinz essl,fontana mixer,ispirato ad un opera di cage…..e replayplayer,che ampliano e innovano il discorso del postserialismo/casuale/aleatorio…….purtroppo oggi molta musica cosidetta sperimentale segue le strategie delle multinazionali del software……..cedendo ad un nuovismo ambivalente……un compositore sperimentale puo‘ oggi fare musica anche con software gratuiti……infine il materiale e la tecnica/strumenti usati non devono prendere il sopravvento sull‘idea compositiva,come gia‘ hegel/adorno dicevano……..anche se per certi versi il materiale si compone da se‘………..come cage ha dimostrato con poveri mezzi e sperimentazione ed idee nuove….si possono ottenere grandi risultati……..

  13. e‘ un colloquio con me stesso……continuo…..in tema con quello che si diceva prima sui festival/concorsi………bisogna dire che l‘affermazionedi se‘oltre ad essere in parte sintomo della non/accettazione da parte dell‘artista,dell‘indifferenza degli altri e della societa‘……puo‘essere anche una risposta ad un complesso di inferiorita‘,ed una affermazione del proprio valore di contro ad una societa‘ livellata…….una uscita dalla anonimita‘ di massa…….l‘artista come ogni persona in genere,ha bisogno di questo riconoscimento/approvazione da parte dei genitori/sistema dell‘arte…..perche‘in fondo rimane narcisista ed infantile…..il bambino veramente e‘ il padre dell‘uomo,come scriveva freud……l‘artista equilibrato che in uno slancio di generosita‘ dispensa le sue opere all‘umanita‘,e‘ un mito idealista/romantico…..comunque entrambi i modi di essere possono dialetticamente/ambivalentemente essere presenti/convivere anche in modo inconscio……alla base dell‘arte c‘e‘ la limitatezza/finitezza dell‘esistenza umana/sociale…..a cui l‘arte cerca di sopperire/trascendere in un terreno piu‘ alto,diverso,come scriveva hegel,e la cui realta‘ e‘ l‘ideale……..inteso nel senso di potenzialita‘ dell‘essere stesso…..percio‘ l‘ arte non deve imitare la natura,ma superarla/trascenderla…..mettendone in luce le potenzialita‘ che essa non ha ancora espresso……la trascendenza dalla realta‘ cosi‘ come e‘ data……il tatalmente altro da essa…….l‘utopia….il non ancora…..(bloch/adorno)…….la bellezza che essa esprime e‘ gia‘ in fondo utopia,in una societa‘ brutta/violenta/costretta/distorta/mistificata…(adorno)l‘arte in questo senso e‘ il ritorno dello spirito a se stesso….all‘intuizione che lo spirito ha di se stesso e delle cose…..la sua capacita‘ di prefigurare il diverso…il non ancora,interno ed esterno dell‘uomo………tutto questo ha poco a che fare con i concorsi, premi,festivals,ed affini……..a cui il sistema dell‘arte ci ha abituati…….l‘arte ha a che fare con la visione dell‘esistenza,con la filosofia,anche se esistono differenze tra loro…..l‘arte ha a che fare con l‘inconscio…..l‘atto creativo e‘ un atto intimo/isolato/soggettivo….l‘artista crea per se‘ e per il proprio spirito……tutto il resto non lo riguarda………lo lascia ai direttori artistici,ai politici di turno,sovraintendenti,discografici,bottegai,ai controllori del sistema dell‘arte…..media compresi…che possono trasfigurare l‘opera,rendendola qualcosa d‘altro che era in origine…..distorcendola,limitandola ecc………..

  14. Per quanto mi trovi d’accordo su molte delle osservazioni e delle critiche fatte all’attuale contesto della musica sperimentale vorrei far notare come una frase del tipo ” 400 e qualcosa visualizzazioni su MySpace” abbia una fortissima connotazione commerciale. Andiamo a vedere un myspace come quello di Natasha Barrett: 4230 visualizzazioni e 1701 play totali. Un pò pochini per un’artista di fama internazionale. Soprattutto se consideriamo che il link a questo myspace è presente nella sua pagina web sotto il nome ‘Audio’. Mi sembra dunque normale che il vincitore di un concorso, uno studente, un giovane compositore o un giovane ensamble abbia pochissime visualizzazioni.

    Dopo questa precisazione mi piacerebbe comunque ribadire la mia vicinanza a molte delle critiche mosse in questa pagina: la deriva culturale sembra inarrestabile..

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