Bastano 30 persone per trasformare il suono?

Mi riallaccio alla recensione del libro Audioculture – Reading in modern music e in particolare alla parte dedicata alla discografia segnalata da Sara, per fare una confronto bizzarro, che potrebbe però risultare interessante.

Un paio di mesi fà  la rivista Mix Magazine ha pubblicato la lista delle 30 persone che hanno modellato il suono in questi anni.

Se provate a dare un’occhiata i nomi citati sono tutti molto conosciuti: un monacale Peter Gabriel, un barbuto Rick Rubin, un serissimo Dr. Dre, un sempre-giovane Prince.

In pratica il gotha dell’ingegneria del suono pop degli ultimi vent’anni. Gente che molto probabimente è nata con il mixer in mano.

Prendiamo ora alcuni degli autori citati nel libro: il solito Pierre Schaeffer, il solito John Cage, il solito Karlheinz Stockhausen.

Molto probabilmente i nostri eroi non hanno trascorso la loro infanzia giocando con un registratore digitale, nè hanno mai scritto un hit da spot televisivo per catene alimentari multinazionali, però qualche dubbio sul fatto che non siano riusciti a trasformare il suono (e il concetto di suono) in questo ultimo..ehm..secolo ci viene. O no?

Questo è ovviamente un post ironico e quindi merita una degna chiusura: c’è un solo personaggio che è presente in entrambi i casi. Provate a indovinare il suo cognome: è composto di sole tre lettere…

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Gianpaolo D'Amico

1 COMMENT

  1. Credo di aver indovinato ma non lo dico…aggiungo una considerazione, un po’ amara per me: in effetti quelli che per la musica elettroacustica sono i padri fondatori sono rimasti dei quasi sconosciuti per il grande pubblico, e Peter Gabriel è certo più vicino all’immaginario collettivo alla voce “musica elettronica”. Sarà  perchè, come lo stesso Schaeffer affermava negli anni ’60 (mentre esplodevano la DJ culture, la dance, e i Genesis) se “i problemi del comporre musica concreta hanno rappresentato storicamente il punto di partenza per una ricerca musicale di tipo diverso, che si avvale del medoto sperimentale” e se “una piccola installazione privata di presa del suono e di registrazione bastano a garantire anni di fruttuoso lavoro sperimentale”, tuttavia “la rivoluzione va fatta con le idee musicali, e bisogna rendersi disponibili ad alcuni anni di rieducazione all’ascolto che si può fare senza complicati apparecchi e che nessun apparecchio farà  al posto nostro”. Affermazioni che “destavano delusione anche tra i proseliti”. Proprio perchè non di religione si trattava, ma di “appetito riguardo alle attrezzature tecniche”. Lui l’aveva capito, chi l’ha messo in pratica molto spesso apparteneva ad un mondo lontano dal suo.

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