Netmage 07 – Eyerophany – l’immagine senza l’anima

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L’evento più atteso della prima giornata di Netmage è Eyerophany, una session live nata dall’idea di Emiliano Montanari in collaborazione con Enrico Ghezzi. Si è realizzata, come da programma alle 23,30 per una folla racchiusa nello spazio irregolare di un esagono formato da quattro schermi spazio consolle e perimetro della lunga sala. Sugli due schermi paralleli le immagini dei film di David Lynch, gli altri due dedicati alle performance in di Asja Bettin e del pubblico (Not a soul) con telecamera.
Si legge nella presentazione: “Un evento di magia che presenta e trasforma la nuova sconvolgente performance live di (una nuova porta aperta sul suo nuovo capolavoro Inland Empire), notasoul/ seeingwithnoone’s eye di Enrico Ghezzi e Shoa(Eye) di Asja Bettin, nell’impossibile atto di ‘vedere’. Notte di magia che si apre su altri cortocircuiti cinematici con Thomas Pynchon, Paul Virilio, Hideo Kojima e altre apparizioni “misteriose”.

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Enrico Ghezzi, apre la serata come uno ieratico iniziatore della comtemporaneità . “Not a soul” grida il critico performer, citando di Eyes wide shut di Kubrick, la festa a casa di Ziegler in cui gli invitati omolgati nei vestiti, nei gesti, nei volti indefiniti, sono assolutamente senz’anima. Forse per questo quando Ghezzi-ierofante dice “possiamo urlare, potete urlare”, nessuno urla solo lui intimidito dalla mancanza di reazione emette un stridulo richiamo. Not a soul no shaut — mi viene da pensare – Ma allora insiste “potete fischiare” e la folla risponde quasi immediatamente…. il fischio è meno impegnativo e più neurtro emotivamente o forse si tratta di un’altra citazione cinematografica Il club dei mostri (1980) con Vincent Price e John Carradine.

“Io non accado se mai sono caduto, come tutto .. del resto” continua evocanto realtà  psichiche “L’impero è dentro di noi, noi siamo dentro l’impero” e altri ameni nonsense su cui riflettere. Poi la dinamica del gioco performativo “una telecamera in mano a chiunque.. tutti possono usarla.. cioè nessuno può”. Ecco l’oftalfania, la manifestazione dello sguardo, ecco il tema “Vedere con l’occhio di nessuno”. Mentre la musica produce un impasto cromatico a tratti vaghissimamente ritmico nessuna massa va in paradiso ma precipita nell’indistinto clamore del già  detto già  visto, già  reiterato. A tratti sullo schermo che proietta la telecamea in diretta, un telefonino con il messaggio “Il tempo è invenzione degli uomini incapaci di amare”

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Sara Lenzi
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